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Il Balletto di Bronzo nel 2007 è atteso di nuovo in Messico

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 Intervista a Gianni Leone

Cile, Aprile 2003

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YSland sta dalla parte della vera streofonia

 

Tratto da "Raro!" Numero unico del 1987 di Stefano Coderoni

L'ETA' DEL BRONZO            

Per i sempre più numerosi cultori del progressive italiano sono una formazione quasi leggendaria. I loro dischi hanno avuto il merito di interpretare con originalissima ansia l'anima romantica del rock. L'articolo è a cura di Stefano Coderoni

Sbirciando maliziosamente attraverso il caleidoscopio del Rock italiano dei primi anni settanta, si stenta a distinguere le fonti di luce autentiche da quelle riflesse. Bagliore breve  ma intenso, quello offerto dal Balletto di Bronzo può a ragione essere considerato un punto fermo del primo Made in Italy.

    Illustrandosi attraverso due albums e quattro singoli partoriti durante una tormentata ma esaltante stagione, il gruppo romano rappresenta a tutt'oggi uno dei più limpidi esempi di "esemble" tesi a rompere i legami di vassallaggio imposti dai modelli stilistici inglesi e americani.

    Sfortunati alfieri di quell'ala del rock progressivo italiano che seppe sviluppare un linguaggio autonomo e personale, il Balletto di Bronzo è ancora oggi da indicare come uno dei pochi complessi nostrani che hanno saputo esaltarsi su pentagrammi di vago sapore anglosassone, filtrando le influenze attraverso una personalità nuova e creativa. La trappola del plagio e della imitazione che aveva precedentemente mietuto molte vittime veniva così, un pò snobisticamente, disconosciuta e accuratamente evitata.

    Nato come gruppo underground, esordì nel 1969 con il 45 giri "Neve calda/Cominciò per gioco" (brano inedito che non apparirà nell'album d'esordio) pubblicato su RCA (Arc AN 4193) a cui fece seguito LP "Sirio 2222" del 1970 (RCA Psl 10459) che sintetizza fedelmente lo stile del primo periodo del gruppo. Il sound è sporco, ruvido e riconducibile a tematiche post-beat, ma si muove sulle coordinate del processo di rinnoivamento, propriamente definito progressivo, del nuovo rock anni 70. L'impianto sonoro di alcuni brani sembra infatti incanalato verso forme di grezza ma lucida volontà di "sperimentazione". Pionieri in erba dunque, continuano la loro strada con il secondo singolo "Si Mama Mama (indedita)/Meditazione" (1970 RCA logo azzurro PM 3549).

    Tra il 1971 e gli inizi del 1972 il Balletto di Bronzo decise di dare una svolta decisiva al proprio suono, spostando l'asse del proprio interesse verso climi più sinfonici e sperimentali. Fondamentalmente fu l'acquisizione nell'organico del gruppo del tastierista / cantante Gianni Leone che rilevò il precedente chitarrista. Napoletano, polistrumentista, ex enfant prodige del pianoforte classico tradito poi per il rock, Leone aveva precedentemente militato nelle file del nucleo originale della Città Frontale (gruppo partenopeo da cui sarebbero nati gli Osanna e ricostituitosi nel 1975 per la registrazione dell'unica traccia vinilitica "El tor" con formazione largamente rinnovata (Fonit M 9928 LPX 45), ristampato recentemente in Giappone. 

    Con Leone nelle vesti di catalizzatore e forza trainante della band, (ben spalleggiato dal talento di Vito Manzari al basso, ex QSCC di cui parleremo in seguito, Lino Aiello alla chitarra e Gianni Stringa alla batteria), l'approccio musicale espresso dal quartetto mutò rapidamente.

Passati alla Polydor incisero nel 1972 l'album della svolta dal misterioso titolo "YS" (2448003 L).

    Disco singolare già nell'impostazione grafica: copertina apribile con foto d'epoca in primo piano, conteneva un booklet di quattro facciate riportante i testi e macabre illustrazioni.

    Il lavoro è un album concept: il tema, unico, tratta di un allucinante viaggio onirico del protagonista teso verso un'improbabile redenzione attraverso un dedalo di incontri simbolici. Musicalmente c'è da sottolineare la magniloquente visione coristica oltre al succedersi di quadri compositivi con richiami jazzistici e classicheggianti. Lo stile è volutamente frammentario, impregnato di atmosfere cupe e sinistre che conferiscono alla musica una alone mistico e arcano. Gli assoli acrobatici, le armonie pirotecniche, contribuiscono a intrecciare una tessitura sfaccettata, elaboratissima che sfocia in un mosaico sonoro su cui Leone e le sue multiformi tastiere si ergono a protagonisti assoluti. Il suo stile, innervato di sfumature estetizzanti prima, impressionistiche o naif poi, è riconducibile ad una visione "pittorica" della musica nella quale i tasti fungono da pennello trovando nella poliedrica personalità del leader una inesauribile fonte cromatica.

    Agli affreschi dipinti da un dolce e sognate mellotron fanno riscontro i passaggi ossessi dell'organo Hammond e i sincopati della batteria. Opera d'impatto estremamente ricercati e inquietante, fu sostenuta in sede promozionale da un 45 giri pubblicato contemporaneamente che riporta i brani "Primo incontro/Secondo incontro" editi anche sull'album (Promo senza copertina, Polydor AS 176 2448003).

    Dopo questo periodo aureo sostenuto da una buona attività concertistica, il gruppo incise solo un singolo nel 1973 con due brani inediti: "La tua casa comoda / Donna Vittoria" (Polydor 2060053). Da notare, in piena epoca di riscoperta del Rock progressivo Targato '70, l'ottima ristampa giapponese di "YS" che per l'ottima resa sonora si lascia addirittura preferire all'originale (Polydor, Jasrac 23 MM 0149).

    Dopo lo scioglimento prematuro del gruppo, l'unico elemento che ha tentato il riscatto con una certa convinzione è proprio Gianni Leone che con lo pseudonimo di Leo Nero è andato a cercare fortuna in America pubblicando proprio laggiù l'album "Vero" su Harvest. Lavoro più intimista e contenuto rispetto alla produzione precedente, si apprezza per l'impegno profuso e per le tematiche affrontate, sofferte ed edistenziali. Più tardi lo ritroviamo a Roma, titolare di un 45 giri smaccatamente eccentrico e maggiormente "commestibile" "Indossa il mio colore/Stanchiamoci insieme" (CBO records, 1982 CBNP 109) spostando però l'attenzione più sul look e su certi atteggiamenti al limite del parodistico.

    Soltanto un piccolo tributo, scarno e probabilmente incerto, a uno dei gruppi fra i più influenti a sfortunati espressi dal nostro rock. Un'altra lacrimuccia versata per tutto ciò che poteva essere e non è stato. Ma questa è un'altra storia...

 

                                                                                            Stefano Coderoni

                                                                                               Raro! -1987

 

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