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Il Balletto di Bronzo nel 2007 è atteso di nuovo in Messico

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 Intervista a Gianni Leone

Cile, Aprile 2003

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YSland sta dalla parte della vera streofonia

 

Tratto da "Rock Progressivo Italiano" Vol. II - Editore : Castelvecchi 1997
Il Balletto di Bronzo
Il racconto di Giovanni Leone  
di Francesco Mirenzi

 

             Balletto di Bronzo

           Il racconto di Giovanni Leone

           "YS"

            Politica

            Il casale di Rimini e lo scioglimento del Balletto di Bronzo

            I gruppi dell'epoca

            LeoNero

            Tentativo di ricomporre il gruppo originale


Balletto di Bronzo

    Il Balletto di Bronzo prima dell'ingresso di Gianni Leone - con Marco Cecioni, al canto, e Michele Cupaioli, al basso - aveva già pubblicato un 33 giri "Sirio 2222" (RCA, 1070), anticipato dal singolo Neve Calda.
    Anche se il suono del Balletto di Bronzo era molto più solido rispetto ai gruppi dell'epoca c'erano ancora gli stilemi che li legavano al filone del beat.
    L'arrivo di Gianni Leone fu la chiave di volta. Con organo, piano, mellotron, moog, spinetta e celesta realizzò un muro sonoro che insieme alla già solida ritmica - costituita dal funambolico Giancarlo «Gianchi» Stinga alla batteria e dal nuovo entrato, Vito Manzari al basso - creò un effetto assolutamente sconvolgente per l'epoca. Si passava attraverso atmosfere classicheggianti, jazz, hard-rock e psichedeliche, il tutto supportato da una ricerca sonora davvero stupefacente, si ascoltano qua e là suoni che ritroveremo, parecchi anni dopo, nei videogame!
    In più Gianni Leone diventò anche la voce del gruppo mettendo in mostra un approccio particolarissimo al canto che unito al taglio concept dei testi di "Ys" (Polydor, 1972), che parlavano dell'incomunicabilità dell'uomo, rendevano la miscela musicale ancora più esplosiva.
    Rimase un po' in ombra la chitarra «acida» di Lino Ajiello - insieme a Stinga l'unico componente originario del gruppo - ma quasi tutte le trame musicali del disco venivano tessute dalle varie tastiere di Gianni Leone, in possesso di una grande abilità tecnica. Tutto ciò fece di "Ys" - dal nome di un'isola di fronte alla Bretagna - un vero capolavoro, un geniale «lampo visionario». La storia del Balletto di Bronzo è un po' il simbolo e la metafora di tantissimi gruppi dell'epoca. Un solo disco e poi lo scioglimento, per il quale si era soliti addurre la colpa all'industria discografica, al mercato o ai problemi esistenziali. Ma anche questo copione fa parte della storia del rock progressivo.
    Il Balletto di Bronzo, nonostante il solo disco, rimane l'esempio più compiuto di quello che è stato il filone più battuto in assoluto dai gruppi italiani: in rock sinfonico.

Il racconto di Giovanni Leone

    In Italia si cominciò a parlare di rock progressivo in occasione di un festival pop fuori Milano, precisamente a Novate. Ricordo che ci incontrammo Balletto di Bronzo, Banco del Mutuo Soccorso, Osanna, PFM, Trip, Nuova Idea, c'erano tutti i gruppi più importanti dell'epoca. Era dopo l'estate del 1971 e c'erano anche i Colosseum.
    Addirittura ci fu anche il collegamento radiofonico della Rai per il programma Per Voi Giovani.
    La radio fu abbastanza importante per la diffusione del progressive. All'epoca era un mezzo fondamentale per conoscere le nuove tendenze musicali.
    Non era come oggi che accendi la radio e vieni sommerso da un mare di musica di tutti i tipi e generi, e a scelta. Allora, gli spazi per un certo tipo di musica non esistevano per niente. Oppure quando c'erano erano limitati a un solo programma che andava in onda una volta a settimana.
    Mi sentivo come l'ultimo dei moicani a stare lì ad ascoltare quelle note, quell'oro, quel flusso aureo. Era l'unico modo per difendersi della canzonetta italiana che imperava. Non c'era altro.
    Le stazioni trasmettevano musica molto, molto commerciale. Così, o ci si sintonizzava sulle radio estere tipo «Luxembourg», oppure si aspettava quel giorno fatidico, il pomeriggio, a quella data ora, in cui si sapeva che Per Voi Giovani, o in qualche altro raro programma occasionale, trasmetteva quel genere di musica che era ritenuto elitario.
    Anche se io non avevo molto bisogno di legarmi alla radio per fruire di un certo tipo di musica, perchè già con Città Frontale, che era il nucleo degli Osanna, suonavamo spesso alla base Nato, a Napoli. Lì comperavo dischi che spesso non sono mai arrivati in Italia.
    Attingevano così la mia linfa vitale. Frequentavano anche negozi di dischi particolari. Acquistavo moltissima musica. Su vinile naturalmente.

"Ys"

    I brani di "Ys" li composi nel 1971 e furono registrati nel 1972. Il titolo fu scelto dopo aver letto la storia di un isoletta di fronte alla Bretagna emersa e sommersa dal mare più volte, che si chiamava proprio Ys. Poi mi affascinava anche l'immagine grafica un po' gotica del nome. Nel 1971 avevo già maturato quel tipo di idea musicale perchè già nel 1969 io ascoltavo Frank Zappa e Jimi Hendrix.
    In Italia in quel periodo c'era una grande ambiguità. Non era maturata ancora l'idea del rock progressivo.
    C'era ancora una qualche scia del beat. Lo stesso Balletto di Bronzo, quello della prima formazione, è un gruppo, se non proprio beat, legato a un rock anglosassone anni Sessanta. Credo che proprio fra il '69 e il '70 avvenne il passaggio che dal beat ci portò al rock progressivo.
    Da parte mia rivoluzionai un bel po' la situazione del Balletto di Bronzo. In fondo l'ispirazione fondamentale era la mia, entrai nel gruppo con le idee di "Ys" già in testa. L'album si concretizzò in forma di suite intorno ai testi scritti da Daina Dini in collaborazione con Cristiano Minellono.
    La suite, che era composta da Introduzione, Primo, Secondo, Terzo Incontro e da un Epilogo finale, raccontava la storia dell'ultimo uomo rimasto sulla terra che fa tre incontri. Il primo con il cavaliere di un uomo a cui erano state strappate le orecchie e immediatamente non sentì più; il secondo con un vecchio che stava per morire a cui «manca la voce sicura» e rimase muto. Il terzo con un uomo crocefisso, nei cui occhi erano infitte «pungenti spine» e divenne cieco. L'Epilogo si chiude in maniera drammatica e un po' pessimistica: 

            Il buio intorno a sè / poi fu dentro di lui / e buio fu.

Proprio come l'isola di "Ys", sommersa nel mare, l'uomo scomparve nel buio.
All'epoca noi eravamo consapevoli di essere molto bravi e molto speciali. Di essere unici. Non eravamo fanatici ma solo consapevoli della nostra diversià e questo era importantissimo perchè ci faceva superare ogni difficoltà. I primi tempi eravamo quattro persone in una.

Politica

    La politica non mi interessava minimamente. Ero, e sono, totalmente anarchico, apolitico. Quelle cose tristi e squallide della politica assolutamente no! Si doveva essere di sinistra e io non ero nè di sinistra nè di destra, ero del partito delle sette note. A ma piaceva molto la musica. Vivevo solo per questo. Mi piaceva suonare ance fra mille difficoltà. Non mi interessava altro. Poi il Balletto di Bronzo non aveva un'immagine di sinistra. Eravamo vestiti in maniera particolarissima, con un abbigliamento ricercato.
    Per essere in regola bisognava invece avere eskimo e jeans. Io ho un odio per i jeans smisurato. Infatti il bassista che continuava a volerli indossare a tutti i costi ha rischiato di venire violentato dal resto del gruppo. Gli abbiamo fatto gli scherzi più crudeli.
    Un volta, ritornando al cascinale, dal cigolio del letto capimmo che stava facendo l'amore con la sua ragazza. Subito «Gianchi» con i tamburi sottolineò il ritmo del cigolio mentre io e gli altri facevamo un coro alla «sirene di Ulisse». Vito era una persona abbastanza riservata che si imbarazzava in alcune situazioni e, sicuri della sua reazione, avevamo messo un secchio d'acqua sopra la porta della sua camera. La prese molto male quando, mezzo nudo, davanti alla sua donna, gli cadde addosso quell'acqua gelida.
    Oppure disegnavo infinite caricature del Balletto di Bronzo, che appendevo per tutta la casa, in cui eravamo tutti bellissimo mentre lui lo rendevo orribile grottesco e con in evidenza il ridicolo jeansaccio a zampa di elefante.
    Non ci fu niente da fare, nella foto che abbiamo fatto per "Ys" volle indossare a tutti i costi il jeansaccio e degli orribili doposci. Nonostante tutto, grazie a qualche mio accorgimento, nella foto è venuto abbastanza bene.
    Secondo me era giusto curare la propria immagine, ma ancora di più quella del Balletto di Bronzo. Non era bello presentarsi in tre con abiti eleganti, con grande attenzione per i particolari, e uno poco curato per non dire trascurato.
    Io ho predicato l'attenzione per l'immagine almeno dieci anni prima che esplodesse la mania del look.

Il casale di Rimini e lo scioglimento del Balletto di Bronzo

    Lo scioglimento del Balletto di Bronzo è legato a una serie di ragioni, alcune delle quali non riferibili.
    Anzitutto nella vita tutto finisce. Siamo stati una meteora, un solo disco e via, e anche il nostro stile di vita era portato agli eccessi, in tutti i sensi. Dopo l'uscita di "Ys", prendemmo un casale in campagna fuori Rimini. Scegliemmo Rimini perchè era al centro dell'Italia ed era molto comodo per noi per gli spostamenti. In quel casale vivevamo alla maniera molto estrema. In un modo che oggi non accetterei.
    Non c'erano regole. L'unica regola era che non ci dovessero essere regole. L'unica regola era che non ci dovessero essere regole o limitazioni di alcun genere. Ma questo ci portò a una overdose di tutto. Di cose belle e non. Esperienze positive e negative. Di gente giusta e di gente che, in un modo o nell'altro, ci danneggiò. Al casale arrivarono, dapprima, gli amici, e tutto andava benone.
    Ma poi, cominciarono ad arrivare gli amici degli amici; e in seguito gli amici degli amici degli amici e così all'infinito. A noi piaceva la compagnia e la confusione ma quelli facevano qualsiasi cosa. Come prendere di nascosto il nostro furgone, avere degli incidenti e poi fare finta di niente. Un'altra volta invece fecero passare, sempre lo stesso furgoncino, da un ponte troppo basso e lo deformarono. Ci distrussero, completamente, sia la nostra Mercedes, che l'altra macchina più piccola. Una volta ci fecero trovare una testa di un cavallo mozzata in bella vista sul tavolo... Inoltre abbiamo avuto parecchi furti in casa. Ci rubarono anche gli strumenti. Però ci risollevammo sempre.
    Negli ultimi tempi ci ritrovammo a vivere l'esperienza della droga. Nel complesso un'esperienza bellissima che fatta, come la facevamo noi, la consiglierei a tutti. Perchè la vivevamo con allegria, con entusiasmo, con la musica. Ma sopratutto, ci tengo a sottolinearlo, con tanta allegria. Cominciammo ad avere dei problemi soprattutto perchè il fatto che non ci fossero regole non andava sempre bene. Ma va anche detto che così facendo ci siamo suicidati. Non si poteva andare avanti in quel modo. Gli eccessi incominciarono a portare divergenze tra di noi in ogni campo.
    Vivevamo come in una comune con gli amici e le varie donne. Il bassista, Vito Manzari e il chitarrista, Lino Ajiello, infatti vivevano con le loro ragazze, e cominciarono a nascere varie tensioni. La ragazza di caio contro l'amico di tizio, tizio contro la ragazza di caio e così via. La ragazza di Lino, che era svedese, divenne la sua prima moglie. Difatti di trasferì in Svezia, dove si è sposato altre due volte, e dove fu subito raggiunto da Stinga. Secondo me, tutti e due andarono in Svezia solo per le donne.
    Vivendo a Rimini, in estate uscivamo e andavamo per i locali per farci vedere. Per fare i fanatici, perchè i miei amici napoletani, Lino Ajiello e «Gianchi» Stinga, erano i classici donnaiuoli napoletani.
    Ancora oggi, quando li sento, dopo un po' mi dicono : «Che meraviglia! A Stoccolma ci sono tante donne, ma tante donne 'bbone e libere». Sono stato due volte a Stoccolma e, in effetti, quando si entra in un locale si rimane colpiti dall'enorme distesa di capelli biondissimi. Ma è incredibile, dopo più di venti anni avrebbero dovuto abituarsi a quell'ambiente, considerarlo ormai normale, invece... Appartengono alla specie del napoletano con un'atavica e perenne fame sessuale. Lino Ajiello si è sposato tre volte, sempre con delle svedesi, e ha vari figli. Giancarlo Stinga - «Gianchi» per gli amici - lo stesso, moglie più moglie meno.
    Vito Manzari, il bassista romano, invece non l'ho più incontrato, nè tantomeno sentito. Si è come dissolto. Tempo fa un amico comune, che l'ha incontrato a Roma per caso, mi ha raccontato che quando gli ha parlato di noi, ha voluto troncare il discorso perchè lui con quel periodo non vuole più avere nulla a che fare. E' rimasto traumatizzato. Invece io ho un bel ricordo di quel periodo. Anche se ci sono stati grandi sacrifici, l'aver dovuto lottare sempre per andare avanti e rimanere sempre sé stessi. Ci disinteressavamo di qualsiasi cosa che riguardasse aspetti burocratici e organizzativi. Eraamo allo sbaraglio. Un vero sfacelo.
    Intanto "Ys" era uscito e noi continuavamo a suonare sempre, e solo, quei pezzi. Così piano piano cominciammo a non avere più idee. Non avevamo più voglia di metterci a provare insieme. Avevamo bisogno di comporre cose nuove e si cominciò a parlare del secondo album. Si doveva andare a Londra ed Eddie Offord doveva essere il tecnico del suono. Ma era tutto indefinito e io non avevo più gioia. Ma, cosa più grave, non avevo più idee. Stranamente la mia vena si inaridì. Così fummo costretti a mollare. Ricordo che negli ultimi tempi quando guardavo il casale di Rimini are veramente come assistere al crollo di un tempio antico che era rimasto lì duemila anni.

I gruppi dell'epoca

    Io in quegli anni acquistavo moltissimi dischi ma devo confessare che gli italiani non mi interessavano molto.
    La PFM, ad esempio, non mi piaceva assolutamente perchè era una scopiazzatura dei King Crimson. Quando fecero quel 45 giri commerciale come La Carrozza di Hans, cantata in quel modo, per me erano già finiti, anche se in quel momenti iniziò il loro successo. Bravi musicisti, bravi strumentisti, ma non mi hanno mai coinvolto, mai comunicato energia.
    A me nella musica piace la drammaticità, la grinta e l'energia. Questi elementi li ritrovavo solo a tratti e raramente nella loro musica. Il resto era una lagna sinfonica per di più scopiazzata dai King Crimson. Anche se conoscevo i componenti delle Orme, a livello musicale, non li ho mai considerati. Venivano dal beat e mancavano di grinta.
    Gli Osanna li conoscevo fin troppo bene perchè nel loro primo album c'erano tutti i pezzi che io avevo suonato con loro quando ancora si chiamavano Città Frontale. Per cui essere andato via da loro per entrare nel Balletti di Bronzo, voleva dire che quei pezzi non mi piacevano. 
    Il Banco del Mutuo Soccorso è l'unica eccezione. Erano tutti miei amici. Venivano spesso nel nostro casale di Rimini e ricordo che per un certo periodo ci chiesero di poter montare da una parte i loro strumenti per poter provare. I due fratellini Nocenzi erano bravissimi e i loro pezzi erano particolari, molto raramente risultavano «pallosi». Perchè all'epoca si correva questo rischio. Anche noi Balletto di Bronzo stavamo attenti a non apparire noiosi.
    Il Rovescio della Medaglia non li conoscevo molto bene ma non mi facevano impazzire.
    Ma, devo dire la verità, fra tutti i gruppi di progressive il mio preferito era il Balletto di Bronzo. Era il gruppo che amavo di più. Era quasi una mia creatura. Facevamo un genere avanzato rispetto agli altri. Mi appagava : aveva tecnica, virtuosismo ma anche molta carica e molta grinta. Soprattutto da vivo, cosa che forse dal disco non esce fuori abbastanza.

LeoNero

    I pezzi di "Vero" (Harvest/EMI, 1977) usciti sotto lo pseudonimo di LeoNero erano stati composti già nel 1974. Però ci furono problemi organizzativi e così registrai nel 1975, anche se in Italia fu pubblicato solo nel 1977. Andai a registrare in America, a New York. Un periodo molto bello. Allora era giusto andare in America, aveva un senso. Non era ancora una stupida moda. Per un artista italiano, andare a New York, viverci per alcuni mesi, frequentare - come ho fatto io - gli ambienti più interessanti e stimolanti era molto importante. Potevi riversare, il giorno dopo in studio, tutte le esperienze vissute. Oltre tutto gli studi italiani non erano ancora diventati quelli di oggi, che non hanno nulla da invidiare a nessuno. 
    Ma non era solo un fatto di macchine. Quando lasci lo studio e trovi una realtà di provincia, ti influenzerà in un certo modo. Se invece ti trovi a New York sei portato a vedere le cose in modo diverso anche quando il giorno dopo ritorni in studio solo per mixare. E' l'ambiente che ti stimola.
    Non a caso molti prodotti di valore sono nati nei primi Settanta che di stimoli ne offrivano parecchi. 
    Dopo "Vero" ho pubblicato un 45 giri che si intitolava Fremo (EMI, 1978), sul lato B c'era Sono Stanco Anch'io. Poi ho realizzato un altro album, "Monitor" (CBO/EMI, 1981) negli Stati Uniti, però questa volta in California dove sono rimasto quasi due anni. Il lato A l'ho suonato tutto da solo, mentre il lato B con quattro musicisti presi da quattro gruppi diversi di Los Angeles, scelti personalmente da me.
    Infine ho fatto un altro 45 giri con i brani Indossa il Mio Colore e Stanchiamoci Insieme (CBO/Ricordi, 1982).

Tentativo di ricomporre il gruppo originale

    Nel 1984 sono andato in Svezia per cercare di ricostruire il vecchio nucleo del Balletto di Bronzo. Lino e «Gianchi» hanno uno studio di registrazione molto importante al centro di Stoccolma: l'Hulman, che allora frequentato da coloro che in seguito divennero i Roxette e gli Europe.
    Registrai qualche cosa mia e, purtroppo, mi resi conto che non erano più musicisti. Erano solo fonici e proprietari di uno studio che per altro andava molto bene. Quindi ritornai in Italia per propormi da solista come Gianni Leone ma ho sentito un odio per la musica che mi ha allontanato per un po dalle scene.
    Regolarmente venivo a sapere di questo interesse per il Balletto di Bronzo e "Ys". Sapevo anche delle ristampe in Giappone e in America e mi rammaricava il fatto che tutti i diritti andassero a una prestanome, la signora Mazzocchi, cha allora aveva firmato i brani del Balletto di Bronzo, solo perchè non ero ancora iscritto alla Siae. Quindi per venti anni lei ha preso tutti i miei diritti d'autore.
    Nel 1993 quando ho fatto uscire per la Mellow Record un cd con dei provini inediti di "Ys" in inglese, mi sono deciso, spronato dalla casa discografica, a contattare questa signora che oltre tutto non avevo mai conosciuto. Così la signora ha firmato un documento dove spiegava che lei era solo un prestanome e io il vero autore e, dopo un anno di battaglie con la Siae, finalmente mi sono arrivati i diritti d'autore, purtroppo non retroattivi. Però le nuove ristampe potranno portare il mio nome.
    L'idea di ricomporre il Balletto di Bronzo mi ha sempre intrigato ma non ho mai trovato i musicisti giusti. Ho sempre pensato che se il gruppo doveva rinascere doveva essere una bomba.
    Nel 1995 ho collaborato con un gruppo di Roma, i Divæ, e in quell'occasione ho conosciuto due musicisti che mi sono sembrati le persone giuste: Il batterista Ugo Vantini e il bassista Romolo Amici. Mi ci sono trovato talmente bene che ho deciso di ricostituire il Balletto di Bronzo in versione trio. Sto componendo qualcosa di nuovo ma nel repertorio vorrei inserire Anaconda, da "Monitor", uno strumentale molto grintoso che, anche se datato 1981, funzionerà benissimo ancora oggi. Del resto i brani di "Ys" dimostrano ancora, dopo ventitré anni, tutta la loro freschezza e la voglia di rottura, questo perchè in quella musica c'erano veramente idee valide e progressive.

Tratto da "Rock Progressivo Italiano" Vol. II di Francesco Mirenzi - Editore : Castelvecchi 1997 - pp258-269

 

                                               

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